lunedì 14 ottobre 2013

Figli ed educazione ad una buona sessualità: quando inizia la prevenzione?



"Le informazioni scientifiche vengono lasciate ai libri mentre le speranze e le fantasie vengono affidate alle leggende metropolitane" 
                                        C. Flamigni


Informare non equivale a educare. Educare non equivale a trasmettere il rispetto di sé.
Quando si avvicina la cosiddetta "età critica", quella in cui i ragazzi chiedono una propria riservatezza e percepiscono come invadenze certe incursioni dei genitori, mamma e papà si sentono in difficoltà: devono trovare un equilibrio tra fornire al proprio cucciolo gli strumenti per prendersi cura di sé e il non sembrare troppo insistenti nel voler conoscere la vita intima del figlio/a. In alcuni casi si crea un rapporto aperto tra genitore e figlio o figlia, in cui parlare di prevenzione è spontaneo come affrontare qualsiasi altro argomento, ma talvolta tutto ciò che riguarda la sessualità provoca una timidezza, una chiusura ed un pudore da una parte, dall'altra o in entrambe, tali che l'argomento va a finire nel dimenticatoio in attesa di tempi migliori. Capita anche che i genitori stessi non siano o non si sentano sufficientemente informati, così si sentono come il giorno prima dell'interrogazione: più si studia all'ultimo minuto meno si impara. Tante volte sento i genitori dire "c'è bisogno di più informazione" oppure "servono degli esperti che parlino con i ragazzi perché tanto non ci ascoltano", tentando in assoluta buona fede di delegare questo aspetto dell'educazione al di fuori della famiglia e questo bisogno si fa tanto più urgente tanto più il piccolo cresce e va ad esplorare questo mondo che ci sembra sempre più brutto, cattivo e pericoloso di quanto non lo sia stato per noi. Quella che si percepisce è la paura, legittima, di non aver dotato il cucciolo dei necessari strumenti di sopravvivenza. Eppure se ci pensiamo oggi più che mai i ragazzi hanno la possibilità di essere informati anzi, sono iperinformati! In sostanza potremmo potenzialmente essere nell'epoca migliore perché sappiamo tante cose, ma contemporaneamente non sappiamo che pesci pigliare! Forse è proprio questo uno dei punti fondamentali: esistono soggetti e istituzioni che si attivano, risorse permettendo, per avviare soprattutto nelle scuole, progetti di educazione all'affettività e alla sessualità. Tuttavia la sensazione dei genitori è che non si faccia mai abbastanza. L'altro punto fondamentale diventa allora un altro: informare non è sufficiente perché chi informa non ha un legame significativo con chi riceve l'informazione. 
Il modo di vivere gli affetti, di gestire e comprendere le emozioni, l'amore per sé stessi, il prendersi cura del proprio corpo e la capacità di viverne con serenità tutte le sue trasformazioni non si possono imparare. Si assorbono attraverso la pelle, si sperimentano, si vivono nel momento e nel modo in cui si nasce, nel contatto quotidiano con chi si occupa di noi, nel suono della voce di chi ci coccola e così ci fa capire che esistiamo davvero e che siamo importanti; si comprendono osservando come le persone per noi significative lo vivono questo corpo, come lo trattano, come se ne prendono cura, come si relazionano tra loro. È proprio allora che l'intervento educativo esterno assume importanza fondamentale, perché se l'adolescenza può chiudere il canale di comunicazione diretta con il proprio figlio o figlia, le informazioni modulate e trasmesse con sincero interesse da un educatore a scuola, risuoneranno dentro il ragazzo o la ragazza che ne faranno tesoro. Questa chiave di lettura ci spiega anche come può accadere che pur sapendo certe cose, alcuni giovani incappino in comportamenti a rischio e altri no. La sinergia di queste due parti in causa, famiglia e istituzione, è dunque essenziale. A questo punto l'adulto può anche non essere ferratissimo sui metodi contraccettivi, ma può lavorare da subito per fornire al figlio la mappa per leggere la realtà: come sappiamo una mappa può anche non essere dettagliata, ma bastano dei riferimenti di base per poi potersi orientare.

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